Quando si parla di dipendenza affettiva, solitamente si immagina una coppia in cui uno o entrambi i due partner sentono di non poter vivere senza l’altro, anche quando percepiscono che la relazione che stanno vivendo non gli apporta nessun arricchimento, o ancor peggio causa loro sofferenza. Questo scenario è un sintomo e solo la punta dell’iceberg della questione.
Le origini delle modalità con la quali ogni soggetto si lega affettivamente ai suoi simili, vanno ricercate nei primi mesi e anni di vita degli individui.
John Bowlby, con la sua Teoria dell’Attaccamento, osserva che i bambini hanno necessità di creare un legame affettivo con i loro care-giver e che questo legame sarà influenzato dalla modalità con la quale l’adulto si rapporterà con loro.
Quanto più la necessità di cura e contenimento emotivo verrà soddisfatta, tanto più il bimbo crescerà formando dentro di sé un nucleo affettivo ben saldo; in questi casi i soggetti una volta adulti saranno in grado di creare dei legami con l’altro mantenendo uno spazio interiore separato, ovvero un luogo privato in cui riescono a stare bene con loro stessi.
Se diversamente i bimbi non potranno godere di rapporti rassicuranti, da adulti ricercheranno una continua conferma della loro identità nell’altro a qualunque costo. E’ come se i soggetti necessitassero di un altro sempre presente per poter percepire la loro immagine e consistenza nel mondo, presenza che deve esserci anche se nociva all’esistenza della persona.
IL TRATTAMENTO
Il trattamento non ha necessariamente lo scopo di separare il soggetto fisicamente dal partner, ma piuttosto mira alla ristrutturazione di uno spazio interiore in cui il soggetto possa percepire la sua integrità, ovvero uno spazio in cui il soggetto possa sentire di non andare in pezzi quando l’altro non sia presente.